Vorrei ma non posso!
Dite la verità, quante volte avete sentito qualcuno o anche voi stessi ripetere questa frase. Mi piacerebbe ma non sono capace, non posso farlo, non funzionerà mai.
Vorremmo scendere in battaglia, ma ci ritiriamo prima di iniziare a combattere.
A dire il vero, adesso che ci penso, anche io l’ho usata tante volte in passato. La notte quando rimango solo, sdraiato sul divano, ne avverto ancora i rimpianti. Lo schema mentale per abbandonare l’oggetto dei miei “vorrei” era sempre lo stesso: concentrarmi sui problemi, focalizzarmi sui motivi per cui un desiderio fosse impossibile da realizzare. Vi assicuro che quando abbiamo paura di fallire, quando dobbiamo mettere in discussione l’immagine che con tanta fatica ci siamo creati di noi stessi, le motivazioni ad abbandonare possono essere estremamente fantasiose.
Di fronte ad un “vorrei ma non posso!”, ci mettiamo sovente in uno stato “filtro”, uno stato in cui valutiamo l’oggetto del nostro desiderio guardando solo quello che vogliamo vedere, concentrandoci solo sugli aspetti negativi, credendo nella sua impossibilità. Convinzioni limitanti che si poggiano spesso sul passato: su esperienze personali o di altri, ma anche su esperienze immaginate con una tale intensità emozionale da avere la certezza che siano accadute davvero. A Mario, Giovanni, Pasquale che ci hanno provato è andata male; quindi non c’è alcun dubbio che andrà male anche a me. Chi sono io per riuscirci se loro hanno fallito?
Non sappiamo nulla di ciò che hanno fatto Mario, Giovanni, Pasquale per realizzare i loro “vorrei”, guardiamo solo al fatto che hanno fallito e questo basta a farci dire “non posso”. In quel momento, la paura di fallire non tiene conto del costo emozionale, fisico, economico, professionale della nostra decisione di impossibilità. In quel momento, la nostra mente ha scartato tutte le esperienze positive di altre persone che invece ci hanno provato e ci sono riuscite.
Nell’ambito del coaching, per vincere le convinzioni limitanti, ci sono diversi strumenti: alcuni di facile applicazione, altri leggermente più complicati. Uno strumento semplice da illustrare è quello dei controesempi. La sua semplicità è solo la maschera della sua utilità. I controesempi sono, infatti, a mio parere, fondamentali poiché mettono in discussione l’universalità delle nostre convinzioni rilegandole ad una dimensione soggettiva ed aprendo così al potenziale di altre prospettive con effetti immediati. La funzione principale dei controesempi è proprio quella di farci cambiare prospettiva, di farci abbracciare l’idea che la stessa cosa che vuoi fare tu, la stanno facendo anche tanti altri. Tanti altri che ci riusciranno, tanti altri che non hanno la tua convinzione di non poterci riuscire!
Trovare dei controesempi non è però così semplice, ci vuole un po’ di pratica per poterli individuare. Di seguito, vi riporto per vostra comodità, alcuni controesempi a delle argomentazioni comuni su uno dei “vorrei” più in voga in questo momento storico di profonda messa in discussione dei nostri valori trainanti: vorrei cambiare lavoro, ma…. Scommetto che queste argomentazioni le avete già sentite, sono infatti sempre le stesse trite e ritrite:
1. Argomentazione: vorrei cambiare lavoro, ma ho una famiglia da mantenere.
Controesempi: cosa ti fa pensare che con un altro lavoro non potresti mantenere la tua famiglia? Come potresti iniziare il nuovo lavoro gradualmente senza lasciare quello attuale? Di quanto hai bisogno, in realtà, per mantenere la tua famiglia? Cosa altro potresti fare per guadagnare qualcosa in più fino a quando il nuovo lavoro non ti permetterà di guadagnare quanto ti serve?
2. Argomentazione: vorrei cambiare lavoro, ma ormai è tardi, non posso ricominciare da zero.
Controesempi: cosa ti fa credere che ormai sia troppo tardi? Chi dice che ormai sia troppo tardi? Come potresti riutilizzare quello che hai appreso finora nel nuovo lavoro? Come hanno fatto gli altri, nella tua stessa situazione, a cambiare lavoro?
3.Argomentazione: vorrei cambiare lavoro, ma ho uno stile di vita a cui non voglio rinunciare.
Controesempi: come fai a sapere che cambiando lavoro non potrai avere lo stesso stile di vita? Quanto è importante per te cambiare lavoro rispetto al tuo stile di vita?
Provate ad utilizzare questa semplice tecnica ogni volta che vi sorprendete nel dirvi “vorrei…ma non posso!”; con l’esercizio sperimenterete la sua utilità e diventerà parte del vostro bagaglio di conoscenze per vivere la vita; in meglio naturalmente!
Come consueto riporto, per terminare, un piccolo brano del mio libro “Bravo…continua così” in cui Federico, il protagonista principale, medita sulla sua nuova vita dopo aver deciso di cambiarla e di non seguire più i dettami, i suggerimenti e gli esempi di coloro che per il suo bene gli consigliavo di essere come tutti gli altri.
Fabrizio invece di dirsi “vorrei ma non posso!” un giorno si è detto: Voglio!
“Ho scelto di vivere facendomi guidare dall’etica del mio essere, quella che mi fa stare bene quando la gente intorno a me sorride perché l’ho fatta sorridere. Sono quelli i momenti in cui sono felice, sono in risonanza con quei sorrisi, vibro di gioia. Oltre ovviamente alla mia famiglia, ci sono poche altre cose che mi rendono felice: il mio parco, la mia panchina. E’ su quella panchina che mi ascolto, che scrivo quello che sento e sono in pace. E’ su quella panchina che ho visto la mia catena, che mi sono accorto della similitudine del mio anello con quelli di mio nonno e mio padre ed è sempre su quella panchina che ho visto l’alternativa, la mia scelta che non ripercorre i passi già fatti ma che cammina seguendo il percorso del mio essere libero.”
Probabilmente stai pensando che voglio illuderti, sei ancora convinto del contrario, che non ce la puoi fare. Ci vorrà un po’ di tempo per convincerti che TU, come Fabrizio, hai tutte le risorse per dire: VOGLIO!